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Opinioni

QUEL CHE RESTA DI YALTA

QUEL CHE RESTA DI YALTA

di Paolo Falconio*

Per gli studiosi di geopolitica forse il titolo avrebbe dovuto citare anche la conferenza di Postdam e di Teheran dove il mondo fu diviso in blocchi, ma per il contenuto di questo articolo il richiamo a Yalta, anche se non totalmente appropriato, è forse maggiormente evocativo.

Al di là dei giudizi storici su quella conferenza, alcuni fortemente critici, altri decisamente favorevoli, in quella sede di fatto si creò un mondo diviso in blocchi il cui perimetro era l'ideologia (anche se a volte imposta) dei due attori principali. Fuori dal particolare, di fatto si creò un mondo con due blocchi contrapposti ma dominato da un principio ordinatore che garantì la pace in Europa e scongiurò il proseguio della seconda guerra mondiale contro un'Unione Sovietica fattasi molto aggressiva. Cosa più importante negli anni a seguire evitò una guerra nucleare. Uscendo dalle categorie morali, come il fatto che la Polonia fu sacrificata in quel processo (quando si tratta di rapporti tra Stati, la morale ortodossa ha scarso rilievo ), quel sistema, in occidente, fece emergere statisti del calibro di Kissinger, che erano convinti assertori di un principio ordinatore nel governo delle relazioni internazionali (l'opera fondamentale e di grandissima rilevanza di Kissinger fu sul Congresso di Vienna ) e che divennero i campioni nella partita a scacchi giocata tra russi e americani; una partita fatta anche di guerre per procura, ma che si svolse rigorosamente nel perimetro che aveva definito gli assetti mondiali. Un perimetro,quindi, che era ben chiaro ad entrambe le superpotenze.

Il crollo del Comunismo e il conseguente affermarsi dell'ideologia liberista (non liberale) nel segno del mercato globalizzato divenne la grande bugia che illuse i più a credere che le interconnessioni economiche avrebbero scongiurato altri conflitti, un assunto quest'ultimo privo di cittadinanza e che dimostra la contemporaneità (ossia l'ignoranza) dei suoi sostenitori. Alla vigilia della prima guerra mondiale si pensava la stessa cosa.

Molti hanno preso il delisting dei Rothschild come il segno di una guerra imminente. Personalmente mi preoccupa di più la controtendenza alla delocalizzazione, nel senso di un trend industriale globale che cerca di costruire filiere locali, per evitare di subire danni da pandemie e conflitti regionali. Il che porta a pensare che stiamo assistendo a un fenomeno che non rimarrà isolato.

Più precisamente, quanto sopra si collega a questo nuovo mondo disordinato che gli autori di Limes definiscono "Caoslandia". In questo caos gli attori principali allinenano le fila e con politiche molto aggressive si contendono spazi di influenza. Queste politiche sono talmente aggressive che innescheranno ulteriori guerre per procura di dimensioni regionali e dobbiamo ringraziare Oppenheimer (l'inventore della bomba atomica) che non si siano già trasformate in un terzo conflitto mondiale.

Personalmente credo che il processo verso un mondo multipolare non sia arrestabile, al massimo si potrà contenere l'espansione dei due o più poli, ma non la loro costituzione e questo dovrebbe richiedere un ripensamento profondo delle politiche occidentali. Un occidente che è una categoria dell'anima e che nella realtà dei fatti è costituito dall'America.

Per quanto riguarda la Russia , il pensiero dominante al momento (ma la locuzione "al momento" va presa alla lettera, dato l'enorme numero di variabili) è quella di non intervenire direttamente nel conflitto, ma di provocare il collasso russo attraverso il meccanismo delle sanzioni, anche perché al di là delle dichiarazioni, l'amministrazione americana si rende conto del "disagio" di un'Europa che non terrà molto a lungo sul sostegno all'Ucraina. Un disegno che il sottoscritto ritiene più virtuale che reale, anche perché la frammentazione dell'impero russo andrebbe gestita, senza considerare il rischio che, in tale processo, ad avvantaggiarsene possa essere la Cina con l'aquisizione di territori che le appartenevano e ricchi di materie prime di cui oggi è carente.

Usciti dalla parentesi Ucraina, che pure al momento costituisce il centro di questa competizione globale, per parte occidentale (ossia anche l'Europa), la superpotenza americana è la vera generatrice degli equilibri e squilibri a livello mondiale. Questo mondo disallineato corrispnde al disallineamento all'interno degli Stati Uniti che si traduce in tensioni sociali e a due visioni contrapposte di come vada esercitato il ruolo egemone al di fuori dei loro confini.

Al fine di ottenere la massima coesione sono state sdoganate nuove pseudo ideologie. Si assiste ad una sorta di "damnatio memoriae" come ad es. con la Cancel Culture, una specie di sottoprodotto della demenza che fa leva soprattutto nella massa, la cui mente è stata progressivamente annichilita dal grande fratello televisivo. Questo genere di pseudo movimenti, oltre ad essere molto pericolosi perché ad ogni azione corrisponde una reazione, hanno come matrice il partito democratico americano. Le ragioni sono storiche. Nella guerra civile americana fu il partito a sostegno degli schiavisti, ossia il sud confederato del Paese e questi Stati sono rimasti la loro roccaforte fino alla presidenza Regan. La narrazione americana sulla guerra di secessione, che comunque rendeva onore agli sconfitti in quanto spostava il focus sul principio delle autonomie degli Stati, è cambiata. L'idiozia, non solo è palese perché in occidente si è sviluppato il pensiero umano e il progresso tecnologico con un dinamismo e una vitalità assenti altrove, ma dimostra la demenza degli ideatori in quanto ora ci saranno 15 Stati (tanti erano gli Stati Confederati) i cui figli studieranno che i loro bisnonni erano tutti bastardi senza cuore dai tratti disumani. Non c'è bisogno di essere politologi raffinati per capire che non porterà niente di buono al popolo americano, il quale è già percorso da fermenti anche di natura eversiva(per chi volesse approfondire le cause di quella guerra basterà dire che erano due economie in totale opposizione sulle scelte nazionali). Anche in termini di politica interna (americana, gli altri seguono) i democratici si sono sempre più schiacciati sull'elitè del capitalismo, perdendo persino il collegamento con la realtà (mi ha colpito molto la frase di Hillary Clinton di quanto le risulti complicato comprendere le difficoltà di un americano medio, visto che lei guadagna milioni di dollari) e da qui il tentativo maldestro di creare consenso con movimenti di opinione più o meno manipolati. Oltretutto questi tentativi li rendono colpevoli sul piano politico di ulteriori fratture sociali. Si potrebbe cogliere un parallelismo con i comunisti nostrani, che abbracciarono una visione mercatista senza una seria riflessione sul loro passato e saltando a piè pari il socialismo riformista.

Nel tentativo di una coesione sociale fittizia e alla ricerca di consenso su un'idea astratta di società, distruggono la società stessa. Sarebbe come pensare che i valori democratici della rivoluzione francese che si propagarono in Europa per la loro forza intrinseca e che furono esportati anche dalle guerre napoleoniche , sono da rifiutarsi perché Napoleone era un guerrafondaio. E visto che ci siamo diamo al rogo "Il 5 maggio" del Manzoni che dedicò una delle più belle poesie mai scritte alla di lui morte.

Il discorso sull'assetto interno americano è forse la vera chiave per capire come evolverà la situazione. Fermo restando che non ci si può dimettere dal ruolo di superpotenza, se prevarrà l'America che è rivolta più a risolvere i problemi che ha al suo interno ed ha una visione realistica del mondo che la circonda, forse torneremo ad assetti che non saranno perfetti, ma garantiranno la pace. Se invece prevarrà l'America del Nuovo Ordine Mondiale ossia il progetto di un nuovo mondo liberale che è un ossimoro e che non trova corrispondenze nella realtà culturale della stragrande maggioranza del mondo, allora assisteremo a un movimento distorsivo e generatore di tensioni di varia natura, oltre che di obiettivi di per sé gia fallimentari nella loro formulazione (un esempio è pensare a un dopo Putin nel segno di una rivoluzione liberale)

Russia e Cina sono là , non hanno mai avuto una reale esperienza di democrazia e in qualche modo dobbiamo averci a che fare stabilendo delle linee rosse sulla base di un feroce realismo politico. Per farlo servono uomini in grado di comprendere il mondo e "l'altro" in modo da stabilire un dialogo e accellerare il processo per un nuovo assetto mondiale.

Ed è questa l'eredità di Yalta, la consapevolezza della realtà. Si dovrebbe prendere atto che i blocchi già esistono e che forse faremmo bene a sederci assieme per definirne i rispettivi perimetri. Lucio Caracciolo ha definito Kissinger e la sua idea di un mondo ordinabile, un'utopia. Credo che abbia ragione, ma solo parzialmente in quanto la capacità dell'uomo di autodistruggersi con l'arma nucleare è un orizzonte di assenza di futuro per tutta l'umanità. Questo mondo nel Caos sembra avere tutti i requisiti per un collasso sociale interno alle nazioni e per farle scivolare verso un conflitto su larga scala. Per questo motivo ho ritenuto importante questo articolo, nella speranza che ricordare Yalta, e l'imperfetto principio ordinatore che ne seguì, possa far riflettere sull'unico modello possibile per il mantenimento della pace. Forse i tempi sono maturi per ripensare a quell'idea utopica, ma che faceva i conti con la realtà. Sarà pace armata, ma pur sempre pace.

Quella conferenza ci ha lasciato anche l'ONU (ormai ridotta a poco più della vecchia Società delle Nazioni), ma per quanto mal messa, andrebbe recuperata come luogo dove disinnescare rischi di conflitto, anche su scala planetaria.

Un inciso sull'Unione Europea. Confesso che ultimamente mi appassiona meno di un trattato sulla psicologia dei pesci rossi e sebbene sia nulla più che il volto soft della NATO (di fatto abbiamo tradito il disegno dei padri fondatori che immaginavano un'entità geostatuale da realizzarsi per tappe), rimane una costruzione di fondamentale importanza per affrontare la competizione economica con i giganti mondiali e per contenere i demoni europei che al mometo sono sopiti, ma non morti.

Questo è quel che rimane di Yalta, non vedo uomini capaci di visioni di più ampio respiro, motivo per il quale teniamoci stretta questa eredità.

*membro della "Faculty" dell'Università Luiss Guido Carli

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