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Cultura

GLI IMPERI NON SONO ETERNI

GLI IMPERI NON SONO ETERNI

di Sergio Restelli

Dicono i saggi che nessun esercito abbia mai vinto una guerra combattuta su due o più fronti né ha saputo trattenere (a lungo) il peso della sovraestensione imperiale. I saggi dicono ciò che suggerisce loro la storia, maestra di vita che mai è in errore e che nessuna forza umana potrà mai piegare al proprio volere.

L’Impero romano. Napoleone. Guglielmo II. Adolf Hitler. Tanti sono gli esempi di imperi e imperatori caduti a causa della loro avidità, della loro miopia, e poi sepolti definitivamente dalla maledizione del secondo fronte.

Gli esempi di infarto imperiale provocato dallo stress del secondo fronte sono così tanti che storici e strateghi hanno cominciato a credere nell’ineluttabile letalità di tale anatema. Una convinzione, la loro, probabilmente influenzata dallo studio di un pugno di casi e dalla trascuratezza di tutti gli altri.

I saggi spiegano che il mantenimento del secondo fronte è insostenibile portando sul banco delle prove l’operazione Barbarossa, ma ignorano il remoto uno-contro-quattro di Federico il Grande durante la terza guerra di Slesia e sembrano non avere memoria dei tre uno-contro-tutti del neonato Israele nel 1948, nel 1967 e nel 1973.

La storia non insegna che combattere due o più avversari alla volta equivale a sconfitta certa. No. La storia insegna che acume, creatività e ingegno possono avere la meglio sul numero altrui con l’aiuto della provvidenza. Acume, creatività e ingegno; qualità che gli Stati Uniti sono sicuri di possedere e che sono il motivo della loro grande scommessa per il XXI secolo: il contenimento duale di Russia e Repubblica Popolare Cinese.

Stati Uniti, maestri di strategie contenitive
La lunga ascesa degli Stati Uniti al vertice del sistema internazionale avviene in concomitanza con il declino del sistema europeo degli Stati. Declino autoinferto, più che evitabile, dal quale gli Stati Uniti imparano molto. La parabola discendente dell’Impero britannico e in esteso dell’intera Europa è stata la nave-scuola degli Stati Uniti.

L’esperienza britannica ha insegnato a Washington che impegolarsi in dispendiosi e geograficamente distanti tornei di ombre equivale a perdere di vista ciò che succede tra il condominio e il quartiere. Mentre le strategie tedesche nelle guerre mondiali gli hanno insegnato che non è possibile, nel senso che non è economicamente e umanamente sostenibile, impegnarsi in più fronti per un periodo prolungato di tempo.

Apprendimento osservativo. Gli Stati Uniti hanno appreso l’arte della sopravvivenza guardando gli imperi europei suicidarsi. Attrazione e coltivazione di talenti, una buona dose di malizia e il prezioso trasferimento di conoscenze diplomatiche e geopolitiche da parte dell’Impero britannico hanno fatto il resto.

La farina accumulata nel sacco degli Stati Uniti è integrale, della migliore qualità, e le occasioni per dimostrarne la superiorità non mancheranno nel corso della Guerra fredda. Un potenziale doppio fronte disinnescato sul nascere mettendo due alleati l’uno contro l’altro – la rottura sinosovietica orchestrata da Henry Kissinger. L’egemonia in Medio Oriente mantenuta aizzando l’animosità tra due antichi nemici, arginandone le aspirazioni egemoniche a mezzo del finanziamento della loro guerra – la guerra Iran-Iraq. E, infine, la vittoria sull’Unione Sovietica impegnandola su due fronti geograficamente opposti, accesi quasi contemporaneamente e destinati ad avere medesima durata – Afghanistan e Polonia.

Se gli Stati Uniti del XXI secolo hanno deciso di fare orecchie da mercante a chi gli ha suggerito e suggerisce tuttora di abbandonare il contenimento duale di Russia e Repubblica Popolare Cinese, in quanto ritenuto illogico e controproducente, è perché l’esperienza guerrafreddesca sembra sanzionare l’efficacia di tale strumento.

Kennan, eterno Kennan
Il paragrafo russo del contenimento duale è una prosecuzione aggiornata e potenziata della visione di George Kennan, arricchita di elementi brzezinskiani e sharpiani: la sconfitta di Mosca ricercata, più che attraverso un mutualmente distruttivo confronto diretto, tramite la conduzione di sfiancanti pressioni ibride, eterogenee e provenienti da una pluralità di lati:

L’allargamento dell’Alleanza Atlantica, con progressivo spostamento del baricentro ad est, come dissuasore militare non sfidabile e potente riduttore di eventuali mire neoimperiali – il divenire dei “laghi russi”, Baltico e Nero, degli “stagni atlantici”;
L’Unione Europea come ideale complemento politico ed economico della cinta muraria costituita dall’Alleanza Atlantica – magnete in grado di attrarre nell’orbita occidentale i satelliti russi grazie al fascino dell’euro e alla promessa della modernizzazione;
Rivoluzioni colorate per rovesciare governi filorussi nello spazio postsovietico, investendo il cambio di regime di manti di legittimità agli occhi della comunità internazionale;
Concorrenza aggressiva per ridurre e/o estromettere i russi da determinati mercati – le guerre dei gasdotti;
Sanzioni orientate all’allontanamento dal mercato europeo e all’inibizione del pieno sviluppo dei settori strategici.
Il paragrafo cinese del contenimento duale è basato sulla continuazione del guerrafreddesco sistema della catena di isole, equivalente marittimo dell’accerchiamento tellurico della Russia, e ha sperimentato un allargamento quanti-qualitativo con l’aggravamento della competizione tra grandi potenze: accensione di focolai in quei ventri molli della catena di isole infiltrati dalla Cina – Isole Salomone 2021; ugerra tecnologica – il boicottaggio di Huawei e del 5G cinese; promozione di gravi instabilità, insorgenze e terrorismi lungo le Nuove vie della seta – Pakistan, Sri Lanka; sanzioni orientate all’allontanamento dal mercato europeo e all’inibizione del pieno sviluppo dei settori strategici.

L'aspettativa è un remake del 1989
Il contenimento duale è ritenuto controproducente perché, da quando è stato ufficialmente inaugurato, ha galvanizzato l’intesa amichevole tra Mosca e Pechino, facilitandone la trasformazione in alleanza tattica in funzione antioccidentale. Coloro che non vedono logica nel contenimento duale sono dell’idea che la Terza guerra mondiale a pezzi terminerà col soverchiamento degli Stati Uniti. Nessun altro scenario sarebbe plausibile.

Saranno i posteri a dare ragione o torto ai detrattori del contenimento duale, che alcuni vorrebbero sostituire con una diplomazia triangolare 2.0 – stavolta mettendo Mosca contro Pechino – e che una minoranza ancor più esigua vorrebbe cancellare nel nome di un’utopica risoluzione, pacifica e concordata, della spinosa questione della transizione multipolare. Ai presenti, invece, l’ardua missione di comprendere che, con elevata probabilità, non ci saranno né un’intesa russo-americana in chiave anticinese – quel treno è partito definitivamente il 24.2.22 – né una conferenza di pace internazionale.

Nella grand vision degli Stati Uniti il Duemila potrà essere il secondo secolo americano soltanto ad una condizione: che i due principali sfidanti sistemici, Russia e Cina, vengano costretti dal contenimento duale ad una coabitazione forzata dal potenziale implosivo. L’intensificazione della cooperazione multisettoriale – dal commercio allo spazio – e la collaborazione potenziata nelle più disparate regioni geografiche – dall’Asia centrale all’Europa orientale –, in quest’ottica, non è un male: è il risultato ricercato e desiderato. Più stretta è l’intesa, maggiori sono le probabilità di strumentalizzare gli inevitabili dissidi che sorgeranno quando Mosca scoprirà di essere relegata al ruolo di socio di minoranza.

La speranza-aspettativa degli Stati Uniti è che la coabitazione forzata possa condurre i due “amici temporanei” alla collisione prima che abbia luogo il redde rationem con la Repubblica Popolare Cinese; spettro si potrebbe esorcizzare impantanandola nelle sabbie mobili dell’Eurasia: competizione accesa con la Russia nelle terre postsovietiche, stress test nel Pacifico occidentale e terrorismi lungo le Nuove vie della seta. Vincere senza combattere – l’arte della guerra diSun Tzu utilizzata contro Pechino.

L’applicazione delle lezioni tratte dalle esperienze irano-iraqena e sovietica potrebbe funzionare come potrebbe fallire. Perché se è vero che gli Stati Uniti confidano nell’ineluttabilità della ripetizione storica, lo è altrettanto che le attuali classi dirigenti di Russia e Repubblica Popolare Cinese si sono formate sui libri scritti dai vincitori e hanno cognizione del fatto che passi falsi potrebbero condurre ad un remake del 1989. Ai posteri l’ardua sentenza.

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