Image
Image
Image
Image
Image

Cultura

La catastrofe si può e si deve evitare

La catastrofe si può e si deve evitare

di Paolo Raffone

Putin ha deciso: ogni possibilità di arrivare a un negoziato con US-UE-Ucraina è impossibile nelle condizioni attuali. Decisione difficile perché cede alle pressioni interne del così detto “partito della guerra” che critica Putin per essere stato troppo lasco e segue la presa d’atto a Samarcanda che “l’amicizia senza fine” del cinese Xi ha dei limiti[1] e che anche la Turchia inizia a tentennare sotto le minacce americane di sanzioni secondarie a chi usa il metodo di pagamento russo “Mir”.  Così, Putin mobilita e rinforza il fronte ucraino con una “mobilitazione parziale” raggiungendo la ratio 1:1 (attualmente è 1:4) e intende annettere nella federazione russa i territori delle quattro regioni ucraine “liberate”[2]. Il referendum (che si svolgerà 23-27 settembre) a favore dell’annessione è una formalità procedurale dall’esito scontato. Come scontato sarà il rifiuto degli occidentali di riconoscerne l’esito[3]. Ma la realtà sul terreno conta. In pratica, la logica della decisione è un richiamo alla realtà contro la narrazione occidentale. Il messaggio implicito nel referendum è che chi attacca le regioni annesse alla federazione attacca la Russia, com’è già in stato per la Crimea (2014). La conseguenza è che la risposta ad un attacco sarà giustificata dall’aggressione alla Russia. Putin in TV ha detto: l’obiettivo dell’Occidente è “indebolire, dividere e distruggere la Russia” ma “l’integrità territoriale della nostra patria sarà assicurata con ogni mezzo”.

Messaggio neanche troppo implicito agli americani: come Taiwan è parte integrante della Cina così anche le regioni dell’Ucraina saranno a breve parte integrante della federazione russa. Volete provare a prenderne il controllo? Prego, venite avanti! Una decisione che evidentemente è stata discussa a porte chiuse a Samarcanda. Una decisione che lancia un siluro al duo Biden/Sullivan a poche settimane dalle elezioni americane di mid-term, e che mette nei guai i governi europei e l’UE. Si tratta della “Nave dei folli” evocata dal noto filosofo francese Michel Onfray[4], oppure è la trasformazione della “partita a scacchi in un poker” con l’Occidente?

Come abbiamo scritto[5], gli Stati Uniti sono avviluppati in una violenta spirale interna di conflitto tra le tre oligarchie che dominano lo scenario politico, sociale ed economico; l’Unione europea persegue nel piano suicidario-sanzionatorio eseguendo gli ordini di una delle tre oligarchie americane, quella globalista; e, la NATO non promette nulla di buono aspettando ordini da Washington mentre sorvola con i suoi cyber-apparecchi Ucraina e Mar Nero. Intanto, le banche di investimento americane iniziano a rompere le righe. Alcune banche (ad esempio JP Morgan, in Europa seguita da Credit Suisse[6] e altre) non sono affatto convinte dell’approccio globalista anti-russo e anti-cinese che affossa la globalizzazione (e quindi il commercio e il business), altre banche (ad esempio, la draghiana e barrosiana Goldman Sachs sempre più weaponized è seguita da una parte della City e dall’UE del duo Ursula/Borrell sostenuti da un incomprensibile parlamento europeo) vedono nella guerra un grande affare e perseguono la distruzione della globalizzazione, infine un terzo gruppo di banchieri/fondi d’investimento (ad esempio Blackrock) – quelli più dotati nella gestione dei derivati delle commodities, tech e pharma – mantengono un approccio neutralista ma non sono sedotti dalla guerra (tranne che per gli enormi fondi pubblici girati al complesso militare industriale). Un guazzabuglio che sarà pagato da qualcuno. Chi? Beh, facile: il salvadanaio europeo verrà svuotato! Benvenuti negli anni ’30 di ritorno, quasi un secolo più tardi[7].

Come scrive Ian Bremmer nel suo recente libro “Il potere della crisi”[8], nonostante i suoi tentativi, un po' facili, di vedere una luce in fondo al tunnel, è evidente sia il processo implosivo interno agli Usa sia l'elevato rischio di collisione esterna dettata dalla paura che genera il primo. Anche evidente è la totale marginalizzazione UE che nel migliore degli scenari può funzionare da metodo per lo sviluppo di regolamentazioni globali ma che non ha nessuna prospettiva di innovazione e sviluppo. Secondo Bremmer sono tre gli scenari occidentali: a. Lo stato regna sovrano/vincono i campioni nazionali, b. Le aziende soggiogano lo stato/vincono i globalisti, c. Lo stato svanisce/vincono i tecnoutopisti. Nello scenario a. le aziende patriottiche sono allineate all'interesse nazionale (la Cina prevale, l'Occidente arranca tentando alleanze di contenimento, in entrambi il governo è il soccorritore di ultima istanza). La chiave di volta è la ripresa post pandemica e la transizione verde (la Cina sembra aver avuto più successo). Nello scenario b. il governo continua a indebolirsi e le autorità regolatorie non riescono a tenere il passo con l'innovazione. Le forze globaliste possono fare a meno dei sistemi democratici ma hanno bisogno di stabilità con prospettive decennali. Quindi i globalisti sono contrari alle logiche degli apparati che imponendo una nuova guerra fredda li costringerebbero a scegliere tra Usa e Cina. In questo scenario l'UE è già fatta fuori, mentre la Cina ha un evidente vantaggio con i suoi strumenti finanziari, commerciali e infrastrutturali. Gli Usa sono al bivio. Nello scenario c. la crescente sfiducia dei cittadini nei confronti dei politici dissolve il contratto sociale, l'economia digitale tiene a debita distanza i governi e la fiducia nel dollaro in quanto moneta di riserva globale viene meno. La disintegrazione del potere centralizzato in Usa metterebbe in difficoltà la Cina e disintegrerebbe l'UE. Infatti, la Cina ha già preso provvedimenti verso i suoi tecno utopisti (ad esempio, il caso Alibaba). Unica speranza, conclude Bremmer, è uscire dalla competizione strategica per aprire spazi di collaborazione tecnologica. Perché ciò avvenga ci vuole una "giusta crisi" che spazzi via le vecchie leadership e idee. Finora la crisi pandemica e del climate change non sono state sufficienti.

Come negli anni tra il 1920 e il 1938 c’è un solo punto sul quale i “signori” del capitale concordano: il costo dei sistemi democratici non è compatibile con gli obiettivi di profitto del capitale. Tradotto in termini politici, allora come oggi, il capitale preferisce sistemi centralizzati a bassa democrazia, efficienti e sicuri (cioè che deliverano senza condizioni!). Quindi, dopo le esercitazioni condotte con la bacchetta del terrore climatico e pandemico, non è un caso che le destre – quelle vere e strutturali – tornino a far sentire la loro voce dalla Svezia alla Spagna, dalla Polonia all’Italia, dalla Francia alla Serbia. Non illudiamoci, i conservatori inglesi guidati da Liz Truss o i repubblicani americani (con o senza Trump) vanno nella stessa direzione. Ma la madre di tutte le destre strutturali è storicamente la Germania con il corollario di alcuni paesi dell’Est europeo. Dai tempi guglielmini in Germania sono gli industriali che determinano le scelte dei governi (e nelle elezioni). Senza ideologia e senza carisma, il cancelliere socialdemocratico Scholz è avvertito. Con alcune differenze, anche i nazionalismi russi, cinesi e indiani si ispirano al Lebensraum. E che dire di Israele che vedrà a breve il ritorno trionfale elettorale del più destro di tutti, Netanyahu?  Quell’Israele che in materia di “territori occupati” è l’inequivocabile battistrada al quale nessuno impone sanzioni o vuole cacciarlo dall’Onu. A fronte di questa innegabile tendenza, gli attacchi dell’inconsapevole Letta al “fascismo” dell’italiana Meloni fanno ridere perché sono un’ingenua mistificazione tipica di un paese da operetta. Ma le centrali di disinformazione globaliste, con le quinte colonne anglo-italiane, incessantemente continuano ad attaccare l’Italia che uscirà dalle urne del prossimo 25 settembre[9]. Un gioco facile, fin troppo, che serve a nascondere il tracollo dell’ordine liberale iniziato negli anni ’70, esploso nel 2001, maturato nel 2008, e oggi ormai inservibile. Al “rule-based-order” fanno finta di crederci solo Ursula von der Leyen e Joseph Borrell, maggiordomi di un mondo che fu.

Uno degli “architetti del disastroso capitalismo” degli anni ‘90[10], tra i principali consiglieri economici della Russia post-sovietica che sprofondò nel caos eltsiniano, il noto economista americano Jeffrey Sachs (Harvard, Columbia), convertitosi ai temi sociali e ambientali, fresco della partecipazione al Festival dell’Economia Civile tenutosi a Firenze[11], qualche giorno fa ha rilasciato un’intervista[12] nella quale, senza mezzi termini, condanna “l’implacabile narrativa occidentale secondo cui l’Occidente è nobile mentre Russia e Cina sono malvage”. Sostiene che la narrativa occidentale è “un tentativo di manipolare l’opinione pubblica” sotto la “guida degli Stati Uniti” che pretendono di ignorare le “vere cause delle guerre in atto per rimanere potenza egemonica mondiale, aumentando le alleanze militari in tutto il mondo per sconfiggere Cina e Russia”. Concludendo, parla di un “momento di estremo pericolo, di idee deliranti e fuori moda” che “non dovrebbero essere seguite dall’Europa”. D’altra parte, il lucido e duro monito di Michel Onfray va nella stessa direzione: "La civiltà giudaico-cristiana è una barca che affonda. Siamo entrati in un periodo di transizione".

Tenendo a mente queste considerazioni, questo articolo tenta di fare un po’ di chiarezza. Ricordando il noto aforisma attribuito ad Antonio Gramsci – “Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri” – cerchiamo di guardare oltre i titoli di stampa per capire perché “il vecchio mondo sta morendo” e quali sono i germogli, se ci sono, “del nuovo mondo”. “Oggi è necessario ricalibrare l'ordine mondiale e, per funzionare correttamente ed equamente, dovrebbe essere una realtà ampiamente condivisa basata sui valori, che rifletta la nostra nuova realtà, più caleidoscopica”[13].

A Samarcanda si è svolto il vertice dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (SCO), fondata nel 2001 da 6 paesi e che oggi ne accoglie 26 tra membri, in via di adesione, osservatori e partner del dialogo. Pur sottolineando che il gruppo riunisce oggi rappresentanti della maggioranza della popolazione mondiale (44% popolazione e il 24% del PIL mondiale, mentre l’insieme delle organizzazioni occidentali rappresenta circa il 12% della popolazione e quasi il 70% del PIL mondiale), la rilevanza dell’organizzazione non è testimoniata dalla sua ampia e diversificata partecipazione ma dalla sua modalità di funzionamento – governance, cioè il metodo che permette la costruzione della coesione nell’identificazione degli obiettivi e dei processi decisionali – che è ispirata al così detto “Spirito di Shanghai”: fiducia reciproca, mutuo vantaggio, uguaglianza, consultazione, rispetto per le diverse civiltà e perseguimento di uno sviluppo comune. Ciò costituisce un’attrattiva, puramente multilaterale, anche per paesi che già sono membri di altre organizzazioni adattate all’ambiente egemonico occidentale o che sono nate strutturalmente nella forma di alleanze od unioni di Stati. Non è un caso, infatti, che a Samarcanda fosse presente l’Iran in qualità di osservatore (e presto futuro membro), mentre come partner di dialogo c’erano Arabia Saudita, Qatar ed Egitto, ai quali presto si aggiungeranno Bahrain e Maldive. E la lista dei paesi interessati si allunga giornalmente. Tra i paesi che vogliono diventare membri della SCO c’è anche la Turchia che è membro della NATO ma che a Samarcanda ha esplicitato le sue intenzioni[14].

Su molti media occidentali abbiamo letto che a Samarcanda si starebbe costituendo un’alleanza alternativa e competitiva con l’Occidente, che in sostanza si tratterebbe di una riedizione di Bandung, di una NATO asiatica, che la Cina vorrebbe assumere un ruolo egemonico addirittura mondiale, che la cooperazione tra i membri sarebbe debole e quindi insignificante, e che la riunione sarebbe fallita perché non ha risolto il conflitto tra Russia e Ucraina o la situazione dell’Afganistan abbandonato dagli americani in mano ai Talebani. Tutte letture compiute con gli occhiali deformanti dell’esperienza e della cultura occidentale che tendono a ridicolizzare le esperienze, le culture e le identità altrui. In questo articolo cerchiamo di capire un po’ meglio perché gli occidentali hanno difficoltà a capire quale sia il processo in atto, che da Samarcanda riverbererà anche nell’Assemblea Generale dell’ONU in corso a New York alla quale non parteciperanno i presidenti di Cina, India, Russia ed Etiopia. "L'Assemblea Generale si riunisce in un momento di grande pericolo", ha detto la scorsa settimana Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite. "Il nostro mondo è rovinato dalla guerra, martoriato dal caos climatico, segnato dall'odio e svergognato dalla povertà, dalla fame e dalla disuguaglianza". Nonostante una diplomazia concertata di Stati Uniti ed Unione europea, si prevede che molti paesi del resto del mondo denunceranno l’ineguaglianza strutturale imposta dagli occidentali (particolarmente in materia sanitaria e alimentare) e, sottolineando la sfiducia nelle promesse occidentali, non aderiranno ad azioni promosse dall’Occidente[15]. D’altra parte, l’ONU e la sua Assemblea Generale sono “una macchina gigantesca che raggruppa quasi 200 Stati (di cui solo 5 hanno potere di veto nel Consiglio di Sicurezza, unico organo le cui decisioni sono legalmente cogenti) in meccanismi multilaterali – con discorsi generalmente senza valore e con operatività largamente inefficace - che in alcuni casi sopravvivono solo con i correttivi strategici e i fondi di grandi fondazioni private internazionali” (ad esempio la Gates Foundation e la Rockefeller Foundation)[16].

Dunque, cerchiamo di capire la portata della differenza tra le organizzazioni internazionali alle quali siamo abituati – quelle liberali/neoliberali – e quelle nate nel nuovo millennio in un ambiente culturale diverso.  

L’ideologia e il metodo liberale/neoliberale hanno caratterizzato la nascita, la strutturazione e le modalità di funzionamento delle organizzazioni internazionali create tra il 1919 e il 1995, tutte ispirate a principi performativi - legali e/o contrattuali che hanno traviato il senso del diritto pubblico internazionale ridotto ad assiomatiche procedure - ai quali aderire integrandone gerarchicamente principi (assiomi) e procedure. Queste organizzazioni si configurano come piattaforme dialogiche - nascondendo le “comunicazioni” implicite nelle parole utilizzate – con procedimenti vari che hanno in comune l’essere relativamente esistenziali e relativistici, quindi ideologici (“con me, o contro di me”). Perciò è solo all’interno di quella ideologia che possono avvenire adattamenti sul piano strategico (si pensi, ad esempio, alla Carta dell’ONU che nessun paese ha mai disconosciuto). Esse costituiscono un sistema d’ordine logico formale, una scienza assiomatizzata fondata sul concetto di supremazia delle procedure di derivazione aristotelica. Proprio in forza della supremazia delle procedure, le organizzazioni fondate e strutturate attorno ai processi dialogici promettevano di “democratizzare” le relazioni internazionali superando il vecchio schema dialettico hegeliano (tesi, antitesi, sintesi), afflitto da un pregiudizio gerarchico: il potere di affermare e di contraddire. Queste organizzazioni volevano promuovere la cooperazione e la collaborazione tra gli associati. Infatti, come scriveva Edgar Morin, la dialogica è il linguaggio della solidarietà. Serve a capire, più che ad affermare; a legare, più che a dividere[17]. È il linguaggio dei legami deboli, quelli intessuti a distanza: lievi connessioni che hanno la capacità di sviluppare il capitale sociale, che sono apportatori di conoscenza e di esperienza comunitaria, che fanno crescere e migliorare la qualità della vita[18].

Chi scrive è un realista pragmatico e vede che proprio in virtù del metodo dialogico – metodo che implica un tipo di ascolto che si occupa delle intenzioni implicite dietro le parole effettive di chi parla - queste organizzazioni, pur riuscendo a ridurre la competizione tra i loro membri attraverso procedure di consenso e unanimità, se confrontate con situazioni conflittuali e/o emergenziali non riescono a portarle alla chiusura, lasciandole irrisolte (si pensi, ad esempio, all’estrema povertà, alle carestie, alle pandemie, e alle guerre). Per queste ragioni, l’inefficienza di queste organizzazioni favorisce l’emergere di egemoni (statuali e privati) che agiscono da regolatori di ultima istanza, dei Leviatani postmoderni che reimpongono l’ordine gerarchico tipico della modernità accompagnata dai noti corollari di iniquità, discriminazione, e sottomissione. In pratica, la promessa implicita in queste organizzazioni di creare globalmente una società reticolare come strumento adeguato a instaurare relazioni paritetiche e interdipendenti – idea magnificata dall’avvento della quarta rivoluzione industriale, quella digitale e l’infosfera[19] - si è infranta perché siamo ancora all’interno della modernità, anzi, per dirla con Baumann, “nel guado della modernità liquida”[20]. Questa presa di coscienza rovescia le analisi di Jean-François Lyotard, il padre del manifesto della post-modernità – “società rinnovata da capo a piedi, lontana dai lacci costrittivi della modernità e dai suoi condizionamenti solidi” – perché la modernità rinasce nella post-modernità.

A dimostrazione dei limiti dell’approccio liberale/neoliberale, sopra delineati, portiamo ad esempio un recente progetto, ambizioso e giusto, che è purtroppo fallito proprio a causa della “modernità liquida” che è il piano scivoloso nel quale viviamo. Parliamo di COVAX lanciato nel 2020 su iniziativa multilaterale dell’ONU/OMS doveva “fornire vaccini COVID-19 per tutti i paesi del mondo sulla base della solidarietà e dell'equità”. Invece, si basava sulla volontà dei paesi ricchi di condividere le loro dosi. "Sfortunatamente, non è successo ... I paesi ricchi si sono comportati peggio dei peggiori incubi di chiunque altro"[21]. Il mondo non può contare sulla mera buona volontà e cooperazione per spingere misure di salute pubblica responsabili in futuro. “Hanno ragione a dire che il modello COVAX funzionerebbe – se fossimo organizzati in modo diverso come un mondo", ha detto Andrea Taylor, ricercatrice presso il Duke Global Health Institute. "Chiaramente non ha funzionato e non funziona nel mondo in cui viviamo"[22]. Invece di fare affidamento su un processo legittimo guidato dai governi per sviluppare un approvvigionamento globale di vaccini e una piattaforma di allocazione equa, la responsabilità critica di COVAX è stata assunta da Gavi, una partnership sanitaria globale pubblico-privato (sempre presente alle riunioni dei miliardari di Davos). È discutibile se Gavi abbia avuto le maggiori responsabilità o le capacità di supervisione necessarie per un meccanismo che doveva servire l'intero globo. COVAX ha fallito per vari motivi interconnessi, alcuni sotto il controllo di Gavi e altri no[23]. In un’inchiesta recente condotta da Politico e dal giornale tedesco Welt si evidenzia come un manipolo di miliardari filantropi “abbiano usato il loro peso e influenza per controllare la risposta globale al Covid-19”. Tra questi Bill Gates, scrivono nell’inchiesta, e i suoi sodali hanno “agito senza scrutinio governativo” e “hanno imposto che liberare i vaccini dalla protezione della proprietà intellettuale (brevetti) non avrebbe giovato alla fornitura di più vaccini”. Scelta politica che disgraziatamente gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno deciso di seguire (con buona pace dei “valori” sbandierati da Ursula von der Leyen, che ha avuto almeno una decina di riunioni dirette con Gates). D’altra parte, “Gates e gli altri hanno speso nel 2020 oltre 10 miliardi di dollari in lobbying per convincere i governi e le organizzazioni multilaterali dell’ONU e l’UE”[24]. Il corollario politico di queste scelte è stato che i vaccini sviluppati in Cina, Russia e Cuba sono stati declassati a “pozioni inutili” e la cooperazione con quei paesi si è fermata. Mentre nei paesi più poveri che non hanno potuto comprare i vaccini a prezzi di mercato la popolazione vaccinata è sotto il 20%, Bill Gates è tornato sulla scena promuovendo il suo nuovo libro “Come prevenire la prossima pandemia”[25] nel quale, ovviamente senza alcun cenno autocritico, detta le ricette che i governi dovrebbero seguire per “essere più preparati in un clima attuale di crescente polarizzazione creata dalla guerra russa in Ucraina”[26].

Al processo dialogico - alla base delle vecchie organizzazioni internazionali liberali/neoliberali – si contrappone storicamente, in Occidente, il processo dialettico (derivato dal pensiero hegeliano) che descrive l'interazione e la risoluzione tra più paradigmi o ideologie, una soluzione putativa stabilisce il primato sulle altre. L'obiettivo di un processo dialettico è fondere punto e contrappunto (tesi e antitesi) in un compromesso o in un altro stato di accordo tramite conflitto e tensione (sintesi). Sintesi che evolve dall'opposizione tra tesi e antitesi. Esempi di processo dialettico si possono trovare nella Repubblica di Platone. Invece, in Asia le modalità di pensiero non sono né aristoteliche, né platoniane né tantomeno hegeliane. La mentalità asiatica è deterministica ed empirista, fondata su un linguaggio esplicito, oggettivo, e reale. In qualche modo più vicina della nostra al pensiero della Grecia antica, dove l’osservazione è alla base del pensiero. Recenti studi di antropologia, psicologia e storia hanno potuto osservare queste distinzioni negli studi sull'identità personale, l'identità nazionale e l’identità di gruppo, riscrivendo così la storia dell’umanità[27]. Su queste basi sono nate delle nuove organizzazioni internazionali nel XXI secolo.

La SCO (2001) non deriva da un’ideologia ma si fonda sull’esperienza storica dei processi sociali di sviluppo comuni a molti paesi del mondo. La SCO è statutariamente collettiva e vestfaliana (indipendenza, sovranità, integrità territoriale di ciascun membro), dichiaratamente onusiana (secondo i principi di uguaglianza e reciproco vantaggio, risoluzione di tutte le questioni attraverso consultazioni reciproche, non interferenza negli affari interni, non uso o minaccia di uso della forza militare e rinuncia alla superiorità militare unilaterale nelle aree limitrofe), non è un’alleanza ma un quadro operativo aperto agli Stati e alle altre organizzazioni internazionali che volontariamente desiderino partecipare. Infine, in linea con le tendenze dell'era moderna e gli interessi fondamentali dei popoli di tutti gli Stati membri la SCO è gestita con un metodo consultativo/collaborativo/partecipativo decentralizzato che ha l’obiettivo comune di sostenere l’enorme potenziale e le ampie possibilità di cooperazione reciprocamente vantaggiosa degli Stati membri nel settore del commercio e dell'economia, nella stabilità e nella sicurezza, e in altri settori che saranno comunemente identificati[28].

Nonostante le evidenti differenze di metodo e di governance, le vecchie organizzazioni internazionali liberali/neoliberali e la SCO hanno un comune obiettivo: promuovere un ambiente stabile e sicuro nel quale far progredire il progresso dell’umanità. Tuttavia, è bene evidenziare che per i liberali/neoliberali il progresso è principalmente economico ed è incentrato sulle libertà/diritti individuali, invece per la SCO il progresso è funzione del benessere delle collettività umane che beneficiano dello sviluppo frutto della cooperazione economica e commerciale. Questa significativa differenza non mette in discussione il modo capitalistico di produzione della ricchezza, ma si concretizza nelle scelte di policy. Nel quadro liberale/neoliberale lo Stato è senza ricchezza, e la ricchezza è senza Stato (spiazzando i convincimenti filosofici ed economici del noto scozzese del XVIII secolo). Nel quadro della SCO, o meglio dei suoi Stati membri, la ricchezza senza Stato è inconcepibile perché moralmente e socialmente nefasta. Mentre le organizzazioni internazionali liberali/neoliberali insistono sulla creazione di debito e deficit statali per promuovere lo sviluppo economico ma tacciono sulle conseguenze di dipendenza e sottomissione che il debito comporta, l’approccio dei membri dello SCO è invece incentrato su esperienze di decentramento egalitario e di federalismo orizzontale. Come sappiamo, nel primo caso la povertà è strutturale al sistema; invece, nel secondo la povertà può e deve essere estirpata. A questo proposito torna utile leggere il bel libro di David Graeber “Il debito”[29]. I successi della Cina che negli ultimi quarant’anni ha fatto uscire dalla povertà 800 milioni di persone sono riconosciuti dalla Banca Mondiale[30], e l’India sta compiendo passi avanti molto importanti attraverso l’identificazione biometrica dei cittadini con il programma Aadhaar (il più grande e sofisticato al mondo, secondo la Banca Mondiale) che permette anche di ricevere direttamente sullo smartphone le sovvenzioni pubbliche per ridurre la povertà[31]

Per evitare la catastrofe evocata dal Segretario Generale dell’ONU, riflettiamo bene sulla realtà e sulle conseguenze che scelte ideologiche possono avere sul pianeta e sull’umanità. Un secolo fa, l'intellettuale francese René Guenon mise in guardia contro una civiltà occidentale eccessivamente materialistica e individualista[32]; pochi decenni dopo, lo storico Arnold Toynbee ha chiarito che l'Occidente non poteva fingere di essere l'unico modello da seguire[33].

 

[1] https://www.limesonline.com/putin-discorso-mobilitazione-parziale-referendum/129339

[2] https://www.nakedcapitalism.com/2022/09/text-of-putin-speech-announcing-partial-mobilization.html

[3] https://www.lapresse.it/ultima-ora/2022/09/20/ucraina-borrell-ue-condanna-referendum-e-valuta-nuove-sanzioni-a-russia/

[4] https://www.ilfoglio.it/cultura/2021/03/06/news/-l-occidente-e-diventato-un-manicomio-intervista-a-michel-onfray-1976894/

[5] https://www.ilsussidiario.net/news/scenari-dagli-usa-a-italia-e-cina-chi-prepara-la-fine-del-vecchio-mondo-neoliberale/2394838/

[6] https://plus2.credit-suisse.com/shorturlpdf.html?v=5amR-YP34-V&t=-1e4y7st99l5d0a0be21hgr5ht

[7] https://www.foreignaffairs.com/world/build-better-order-great-power-rivalry-dani-rodrik-stephen-walt

[8] https://www.pandorarivista.it/articoli/il-potere-della-crisi-dal-nuovo-libro-di-ian-bremmer/

[9] https://www.ft.com/content/fc16fdcf-0e43-481c-8159-f12b1a41aa0b

[10] https://www.thenation.com/article/archive/rise-disaster-capitalism/

[11] https://www.adnkronos.com/festival-nazionale-delleconomia-civile-jeffrey-sachs-cambiamento-climatico-questione-globale-servono-risorse-finanziarie-e-leadership-politica_3GFvHR7HmsLnj1quZRIcbY

[12] https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/09/13/come-lamerica-si-vende-i-nemici/6801027/

[13] https://www.middleeasteye.net/opinion/us-new-world-order-ashes-supremacy-arise

[14] https://www.bloomberg.com/news/articles/2022-09-17/turkey-seeks-china-led-bloc-membership-in-threat-to-nato-allies

[15] https://www.nytimes.com/explain/2022/09/19/world/united-nations-general-assembly

[16] https://www.politico.com/news/2022/09/19/un-general-assembly-summit-00057447

[17] https://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/edgar-morin/il-metodo-1-la-natura-della-natura-9788870787184-814.html

[18] https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/07/02/la-dialogica-il-linguaggio-diventa-democratico/280861/

[19] https://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/luciano-floridi/la-quarta-rivoluzione-9788860309334-2638.html

[20] https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788842082347

[21] https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)01367-2/fulltext

[22] https://www.washingtonpost.com/world/2022/03/22/covax-problems-coronavirus-vaccines-next-pandemic/

[23] https://msf-access.medium.com/covax-a-broken-promise-for-vaccine-equity-fb8b398b56f0

[24] https://www.politico.com/news/2022/09/14/global-covid-pandemic-response-bill-gates-partners-00053969

[25] https://bookshop.org/books/how-to-prevent-the-next-pandemic/9780593534489

[26] https://www.theatlantic.com/science/archive/2022/05/bill-gatess-plan-save-world-next-pandemic/629826/

[27] https://www.youtube.com/watch?v=pkm-BhtjASs; https://www.goodreads.com/book/show/56269264-the-dawn-of-everything

[28] http://eng.sectsco.org/load/193054/

[29] https://www.amazon.com/Debt-Updated-Expanded-First-Years/dp/1612194192; https://www.youtube.com/watch?v=CZIINXhGDcs

[30] https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2022/04/01/lifting-800-million-people-out-of-poverty-new-report-looks-at-lessons-from-china-s-experience

[31] https://www.daijiworld.com/news/newsDisplay.aspx?newsID=442948

[32] https://www.amazon.ca/Essential-Rene-Guenon-Metaphysical-Traditional/dp/1933316578

[33] https://www.britannica.com/biography/Arnold-J-Toynbee

Ti piace questo articolo? Condividilo nel tuo profilo social.

RIFERIMENTI

ngn logo2

Testata totalmente indipendente, di proprietà dell’associazione Libera Stampa e Libera Comunicazione

Sostienici per dare una libera informazione

Donazione con Bonifico Bancario

TAGS POPOLARI

ISCRIZIONE NEWSLETTER

GDPRInviando questo messaggio accetto il GDPR e il regolamento sulla privacy.

Seleziona la casella per approvare.


 

Ricerca