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Internazionali

BALTIC CONNECTOR: E SE LA CINA SCENDE IN CAMPO?

BALTIC CONNECTOR: E SE LA CINA SCENDE IN CAMPO?

di Silverio Allocca
Fino ad oggi la Cina ha portato avanti il proprio piano strategico geopolitico  impegnandosi prevalentemente sul piano diplomatico e, dal punto di vista programmatico, su quello economico–finanziario come leader di fatto dei BRICS: a fare la guerra guerreggiata ha lasciato solo noi Occidentali e la Russia, che alla fine si è trovata a combattere una proxy–war su delega cinese in Ucraina.
Gli Stati Uniti, che finalmente paiono essersi resi conto degli errori pluriennali commessi facendosi forti di un pool di “alleati” litigiosi e divisi tra i quali figurano Paesi come la Turchia, che punta ad una leadership da Potenza regionale nel Mediterraneo assumendo comportamenti che recentemente hanno assunto atteggiamenti più da competitor regionale che da fedele supino alleato (si vedano i suoi legami con Hamas), o come la Germania e la Francia, che sono stati imbrigliati e momentaneamente fatti rientrare nei ranghi colpendoli nei loro interessi fondamentali (vedi, rispettivamente, il sabotaggio del Nord Stream 1&2 e la macchinazione che ha portato la Francia ad essere estromessa, di fatto, dall’Africa Occidentale), ovvero come i “più nemici che amici” Arabia Saudita ed UAE, sono al momento impelagati in un conflitto (quello russo-ucraino) dal quale non vedono l’ora di sganciarsi per tutti i risvolti negativi che questo comporta a causa del suo essersi mutato in una estenuante guerra di logoramento le cui tempistiche favoriscono la progressiva perdita di tenuta della NATO.
In questo senso credo di non allontanarmi troppo dal vero se ipotizzo a ragion veduta, come a breve illustrerò in un paio di articoli di prossima pubblicazione sul tema, che il presente conflitto tra Israele e la Striscia di Gaza è stato generato da una oculata gestione delle tensioni tra Hamas ed Israele finiti nella trappola, per entrambi mortali, di un conflitto che, tra le altre cose, non solo gli ha concesso di posizionare utilmente due squadre aeronavali di attacco al largo della costa Israeliana giocando d’anticipo sulle prevedibili mosse del Cremlino e della Cina, ma gli ha anche permesso di mettere in sordina quello Ucraino, palesemente non più di “tendenza”, per potersi dedicare ad affrontare il vero problema rappresentato dall’espansionismo di Pechino.
Mangiata la foglia ecco che, a quanto pare, proprio Pechino avrebbe rimescolato le carte portando l’attenzione sul Baltico, quindi sul conflitto ucraino ed in qualche modo su uno Zelensky che credo a breve rifarà sentire la sua voce, per lo meno fino alle prossime elezioni presidenziali che si dovrebbero tenere nel suo Paese nel 2024.
Il fatto nuovo è rappresentato da quanto accaduto nella regione del Baltico segnatamente caratterizzato da due eventi dei quali il primo ha riguardato la Svezia che il 17 Ottobre 2023 ha annunciato che un cavo sottomarino, del tipo usato per le telecomunicazione nello specifico tra il Paese scandinavo e l’Estonia, risultava essere stato danneggiato tra l’8 ed il 9 Ottobre 2023, senza che alla cosa fosse stato dato soverchio risalto nonostante da subito fosse stato ipotizzato il dolo e che i dati di navigazione messi a disposizione da Vessel Finder mostrassero la presenza in loco della Sevmorput, una nave da carico di proprietà russa, e la Newnew Polar Bear, una nave portacontainer battente bandiera di Hong Kong a quanto pare responsabile di un atto di sabotaggio –ecco il secondo evento cui ho accennato in apertura del paragrafo– riguardante il Baltic Connector: quest’ultimo non passabile sotto silenzio.
La notizia, diramata il 10 Ottobre 2023, dell’“inusuale” e “drastico” calo di pressione registrato l’8 Ottobre 2022 nella tubatura del Baltic Connector, il gasdotto sottomarino che collega la Finlandia con l’Estonia, calo che aveva costretto l’operatore dell’infrastruttura ad arrestare i flussi la cui causa, quantunque al momento non fosse ancora nota la sua genesi, era stata attribuita in via ipotetica, ma attendibile vista l’identificazione della perdita in acque finlandesi, ad un atto deliberato, sembra aver trovato il suo naturale completamento per ciò che concerne le cause e le responsabilità: a determinare il danneggiamento sembrerebbe essere stata la porta container di 169 metri della Hainan Xin Xin Yang Shipping, Newnew Polar Bear, battente bandiera di Hong Kong, salpata dal porto di Kaliningrad ed ora in Russia, che avrebbe tranciato la strategica condotta trascinando per decine di km sul fondale un’ancora che è stata ritrovata e recuperata in data odierna dalle autorità finlandesi.
L’ipotesi della responsabilità ascritta ad un ipotetico comportamento doloso della nave cinese si basa, come già affermato in una nota del 21 Ottobre dal National Bureau of Investigation finlandese, sul rilevamento dei movimenti della Newnew Polar Bear ed il confronto di questi con il momento ed il luogo della messa fuori uso del gasdotto nonché, aggiungo io, sulla excusatio non petita di Putin che il 13 Ottobre ha rigettato ogni addebito quantunque nessuna accusa gli fosse stata mossa.
La notizia del danneggiamento, che richiederà almeno cinque mesi di lavoro per essere affrontato e risolto, mesi durante i quali la Finlandia sarà totalmente dipendente dalle importazioni di gas naturale liquefatto per l’inverno, aveva  immediatamente fatto rimbalzare al rialzo il prezzo del gas in Europa. Al 10 Ottobre, infatti, i future Ttf avevano fatto registrare un repentino incremento sul mercato di Amsterdam chiudendo con un incremento del prezzo del 12,5% a oltre 49 euro al megawattora, in quanto il “guasto” aveva riacceso prontamente i timori sulla sicurezza delle infrastrutture energetiche in Europa a poco più di un anno di distanza dall’esplosione che ha danneggiato il Nord Stream, mettendo oltretutto in moto una macchina speculativa che le notizie odierne motiveranno ad una ancor più consistente accelerazione dalle prevedibili gravissime conseguenze per tutti i Paesi europei già ampiamente provati dalla crisi energetica che ha fatto –ed ancora fa– da corollario al conflitto in Ucraina.
Dimostrata o no che sia la deliberatezza del comportamento della nave cinese, che al momento non risponde ad alcun tentativo di comunicazione, il solo sospetto fa tremare non poco l’intero Occidente in quanto ipotizzare un sabotaggio cinese vuol dire aver preso coscienza della, se non altro possibile, discesa in campo della Cina che avrebbe posto in essere un deliberato atto di guerra. A poco servono in questi casi, le dichiarazioni di rito di questo o quel Governo, nello specifico di quello di Pechino, di voler collaborare per fare luce sull’accaduto: USA docet per il per il Nord Stream.
L’attentato, se di attentato si è trattato, si configurerebbe come una azione strategicamente importante non solo nel contesto di quella militarizzazione delle fonti energetiche abilmente messa in campo dalla Russia in quanto la possiamo ritenere motivata da almeno quattro ragioni strategiche fondamentali:
  • Il sabotaggio di qualsiasi tentativo di sganciamento degli Stati Uniti e della NATO dal conflitto in Ucraina al fine di aumentare il disagio economico e finanziario dei Paesi occidentali coinvolti nel conflitto che si vedranno costretti ad aumentare le proprie spese militari aggravando il debito ed il disagio sociale determinato dal dirottamento di ingenti risorse dai capitoli di spesa del welfare verso il comparto militare;
  • l’aggravio della difficoltà di approvvigionamento di Gas Naturale Liquido –LNG con la conseguente lievitazione della spesa energetica e della spesa mensile media sostenuta dalle famiglie (costo della vita) per effetto dell’incremento dei prezzi al consumo derivante dalla crescita dei costi di produzione registrati lungo l’intera filiera produttiva e distributiva. Questo nonostante che la produzione a livello globale dI LNG abbia fatto registrare un significativo aumento della produzione che nel 2022 si è attestata sui 478,2 MTPA (Milioni di Tonnellate Per Anno) –grazie in primo luogo all’incremento della capacità produttiva del 2022 pari ad un +4,3% dovuto per il +75% agli USA la cui capacità produttiva si è attestata sugli 88,1 MTPA– decisamente sì superiore al fabbisogno del mercato pari, sempre con riferimento al 2022, a 401,5 MT complessivi, ma non tale da assorbire shock improvvisi come quello determinato dalla messa fuori servizio del Baltic Connector o dalle turbolenze generate da altri fattori quali, ad esempio, quelli legati al conflitto tra la Striscia di Gaza ed Israele che, nel contingente, rischia di far registrare difficoltà di acquisizione del Gas Liquido da parte di Paesi sostenitori di Israele presso Paesi sostenitori di Hamas (è il caso, questo dell’Italia in relazione all’Algeria oggi suo1° fornitore di LNG). Un qualcosa che a ben guardare si configura come un fattore di pressione sui Governi dei Paesi occidentali esercitato per tramite del crescente disagio sociale che a lungo andare non può non tradursi che in un elemento di pressione nei confronti dei propri Governi affinché mutino la loro politica estera: un qualcosa che lo scorso anno non ha assunto le proporzioni auspicate dal binomio Russia–Cina anche per la mitezza della stagione invernale e la flessione delle importazioni di LNG della Cina ridottesi del 19% rispetto al 2021;
  • consentire alla Russia di trarre maggiori vantaggi dalla vendita all’Occidente del proprio gas che per tramite delle triangolazioni mediate da Paesi compiacenti non ha mai cessato di esistere: di fatto un atto di combelligeranza atto a favorire la tenuta del Governo russo anche in vista delle prossime elezioni presidenziali;
  • esercitare, come conseguenza di quanto descritto nei punti 1) – 3) una pressione emotiva sulla popolazione ucraina che non può non percepire tutto questo come un allungamento della durata di un conflitto già costato fin troppo in termini di vite umane e di distruzioni in generale del tessuto economico del Paese.
Non c’è che dire: una strategia sicuramente vincente, nella quale l’Occidente pare non avere mezzi, idee ed energie sufficienti da opporre in questa che, a conti fatti, si configura già come la WWIII.
Non si tratta dell’unico danno segnalato da un Paese della Scandinavia negli scorsi giorni. La Svezia ha infatti annunciato che un cavo sottomarino di telecomunicazione che collega il Paese all’Estonia risulta essere stato danneggiato.
La Finlandia sospetta che il Baltic Connector, il gasdotto sottomarino che la collega con l’Estonia, sia stato sabotato. Domenica nella tubatura si è registrato un “inusuale” e “drastico” calo di pressione che ha costretto l’operatore dell’infrastruttura ad arrestare i flussi. La successiva ispezione ha identificato la perdita in acque finlandesi. L’ipotesi ritenuta più credibile dal governo di Helsinki, che ha tenuto una conferenza stampa nel pomeriggio di martedì, è che si sia trattato di un atto deliberato.
Il presidente finlandese Sauli Niinistö ha spiegato i dettagli dell’accaduto insieme al ministro per la difesa Antti Häkkänen. Niinistö ha dichiarato che il danneggiamento del gasdotto e di un cavo per le telecomunicazioni sembra essere stato causato da “attività esterne” e così le compagnie Gasgrid e Elering hanno interrotto il flusso di gas. “Il danno alle infrastrutture sottomarine è stato preso sul serio e le cause sono oggetto di indagine da domenica”, ha dichiarato Niinistö. “La causa del danno non è ancora chiara e le indagini proseguono in collaborazione tra Finlandia ed Estonia”.
Niinistö ha dichiarato di essere in contatto con alleati e partner, tra cui il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. “La Nato è pronta ad assistere le indagini”, ha dichiarato. “La Nato condivide informazioni ed è pronta a sostenere gli alleati”, ha scritto su X Stoltenberg. Le notizie arrivate dal Paese baltico hanno immediatamente fatto accelerare il prezzo del gas in Europa: i future Ttf balzano sul mercato di Amsterdam chiudendo con un rialzo del 12,5% a oltre 49 euro al megawattora, con il guasto che riaccende i timori sulla sicurezza delle infrastrutture energetiche in Europa, a poco più di un anno di distanza dall’esplosione che ha danneggiato il Nord Stream.
C’è una nave cinese nel mirino delle autorità finlandesi per il sabotaggio del gasdotto Baltic Connector, che collega il Paese scandinavo con l’Estonia. La polizia di Helsinki ha segnalato la Newnew Polar Bear, battente bandiera di Hong Kong, come l’imbarcazione al centro delle indagini. Le autorità finlandesi hanno avviato un’inchiesta sui danni che, a loro avviso, sono stati causati da “attività esterne”, dopo la fuga di notizie che ha portato alla chiusura del gasdotto lo scorso 8 ottobre.
Ci vorranno almeno cinque mesi per riparare il gasdotto, ha detto il suo operatore la settimana scorsa, lasciando la Finlandia totalmente dipendente dalle importazioni di gas naturale liquefatto per l’inverno. Non si tratta dell’unico danno segnalato da un Paese della Scandinavia negli scorsi giorni. La Svezia ha infatti annunciato che un cavo sottomarino di telecomunicazione che collega il Paese all’Estonia risulta essere stato danneggiato.
“Al momento non siamo in grado di determinare la causa di questo danno”, ha affermato il ministro della Protezione Civile svedese, Carl-Oskar Bohlin, precisando che il danneggiamento sembra essere avvenuto a settembre, nello stesso periodo in cui è stato danneggiato il gasdotto. Le autorità competenti dei rispettivi Paesi stanno conducendo un’indagine per stabilire le cause. “La nostra vigilanza è stata rafforzata dopo gli eventi legati a Nord Stream dello scorso anno, e questo incidente sottolinea l’importanza di continuare a monitorare attentamente tali sviluppi”, ha dichiarato il ministro della Difesa svedese, Pal Jonsson, citato dall’agenzia di stampa svedese Tt.
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