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Cultura

IL VERO DANTE SEGRETO, SVELATO DOPO 700 ANNI

IL VERO DANTE SEGRETO, SVELATO DOPO 700 ANNI

di Giorgio Cattaneo

«Ho chiesto a Google che cosa avessi disegnato, e Google mi ha risposto: un ipercubo cosmico in quarta dimensione, brevettato nel 1888». Erano 700 anni che gli studiosi inseguivano il codice segreto della Divina Commedia. A decifrarlo c'è arrivata una professoressa italiana, Maria Castronovo, “giocando” con i numeri pitagorici. Ha scoperto che il poema dantesco è costruito sul numero 12, «lo stesso che il Demiurgo avrebbe utilizzato per dare forma all'universo», secondo la visione di Dante.

Questione di tre triangoli isosceli uno sull'altro, a formare una stella con dentro un'altra stella, più piccola, attorno al ricamo della Croce Templare. E tutto questo, l'ha ottenuto traducendo - numerologicamente - la formidabile precisione degli endecasillabili, meticolosamente disposti lungo i cento canti. Una sorta di capolavoro di ingegneria invisibile, per riprodurre la nascita dell'universo e il suo funzionamento, il suo “orologio” inesauribile.

L'ipercubo cosmico nascosto tra i versi danteschi

«Il suo segreto, Dante non ha mai voluto rivelarlo a nessuno, nemmeno ai figli: ha preferito portarselo nella tomba». Per sette secoli, l'Alighieri ha inchiodato gli esegeti e i più dotti critici alle sole tre letture tradizionali: testuale, allegorica, filosofica. Ma c'era sempre quella strana ridondanza, quell'architettura risuonante. Il numero 12, che poi è 4 volte 3 (cioè 8, direbbe qualcuno, pensando al Settenario che precede l'Ottava, con cui un altro fiorentino, Leonardo, costruisce l'Ultima Cena: i 12 apostoli radunati in 4 gruppi di 3 persone). 

Ipercubo? «Sì, inscritto in un'ipersfera: che è infinita», dice Maria Castronovo, conversando con Tom Bosco. «L'odierna fantascienza ripropone proprio l'ipercubo in film come “Interstellar”. Ma quella strana stella a otto punte appartiene alla più antica conoscenza, la sapienza arcana, ben nota anche a Giordano Bruno: era presente in India, nel mondo arabo e in quello mesopotamico, caldeo e sumero».

La stella a otto punte, con dentro un'altra stella: «Dante la riconobbe sicuramente nel Duomo di Barga, vicino a Lucca. Quello era un periodo in cui si era costretti a scrivere ricorrendo a codici segreti. Nel Trecento, in piena Inquisizione, non si poteva dire nulla di diverso, rispetto alla teologia cristiana». L'eroismo di Dante, dunque: «Sì. Ed è riuscito a inventarsi il codice più bello del mondo».

Sufi, rabbini, egizi, Platone e i miti greci

Un grande iniziato, capace di sintetizzare una quantità di saperi. «Ebbe un'iniziazione pitagorica da Brunetto Latini. Ma è stato innanzitutto un “pellegrino del cosmo”. Ed era un uomo mediterraneo: sapeva benissimo che l'Italia, circondata dal mare, è il “molo” di tre continenti». Soprattutto: «Sapeva che arrivava una cultura infinita, dall'Oriente. Mondo che lui aveva contattato: gli islamici, i Sufi, il mondo ebraico rabbinico, il mondo egizio attraverso Pitagora. E l'Europa antica, per mezzo della Grecia: cioè le prime mitologie, le prime fantasie del mondo».

Il punto: «Dante ha imparato a usare tutti i linguaggi, per poter costruire il suo poema: perché la sapienza arcana usa tanti linguaggi, ma per dire le stesse cose». L'ipercubo cosmico in quarta dimensione? «È un'astrazione matematica, che il greco Pitagora - fondatore a Crotone della Scuola Italica - aveva appreso dai suoi maestri, i sacerdoti egizi». Quando crei una geometria sacra, dice Maria Castronovo, ottieni qualcosa di perfetto e simmetrico: in questo caso, otto punte di stella.

Sapienza arcana: Pitagora, la chiave segreta

Ed ecco la chiave nascosta della Divina Commedia: «Tra una punta e l'altra della stella sono depositati 12 canti, fino ad arrivare a 96. Ogni 12 canti scatta un'Ottava musicale». Frequenze: «Il primo canto è in 8 Hertz, il tredicesimo è in 16, il seguente in 32, eccetera. C'è quindi un'elevazione musicale, tra una punta di stella e l'altra. E poi abbiamo 4 canti sigillati nella stella piccola».

Tradotto: la poesia (la sua struttura non immediatamente visibile) fa “cantare”, o meglio risuonare all'infinito, le tante dimensioni a cui allude. «Sulla Terra abbiamo solo tre dimensioni: base, altezza e profondità. Quindi possiamo solo fare proiezioni piane: come il famoso Cristo crocifisso di Salvador Dalì, che raffigura proprio la proiezione dell'ipercubo cosmico».

Così, spiega sempre Maria Castronovo, questo “cubo magico” si muove nello spazio. «E muovendosi, lascia dietro di sé una traccia: che è in quinta dimensione. Sempre in proiezione piana, la si può anche disegnare: i pitagorici lo fecero». E cosa si ottiene? «Un rosone: come quello di Chartres, che è proprio la quinta dimensione. La ritroviamo in ogni rosone gotico: una circonferenza divisa in quattro, con l'ottagono al suo interno. È un avvertimento, a chi entra nel tempio: sta per accedere a uno spazio in quinta dimensione».

Un poema scritto con la geometria sacra

Una geometria perfettamente simmetrica: quella che Dante riproduce nel modo più preciso, utilizzando i numeri. «Negli endecasillabili danteschi la parola è sempre obliqua, polisemantica; quando invece siamo davanti ai numeri, allora le cose cominciano a cambiare: perché col numero non si può più sbagliare». I quattro canti sigillati? «Sono il 25, il 50, il 75 e il 100. Rappresentano le nostre conquiste umane. Ecco il quarto livello: quello anagogico, dove spariscono i livelli storico-narrativi. Ed emerge il vero Dante».

Chi era? «Un cataro, un pitagorico, un alchimista, un conoscitore dei Sufi. Era anche un neoplatonico, leggeva Boezio. La geometria che ha costruito? Parla di noi. Ci prende per mano e dice: fate questo viaggio con me. Fate questo viaggio alla conquista di voi stessi. Andate verso voi stessi. E soprattutto, visto che siete viaggiatori coraggiosi disposti a superare terribili prove, ricordatevelo: ogni 25 canti, avrete la vostra conquista».

Saremo premiati, ci incoraggia Dante. «Al 25esimo canto si conquista l'intelligenza, al 50esimo l'anima intellettiva, al 75esimo lo spirito, mentre al centesimo canto si conquista il corpo perfettamente reintegrato e perfettamente tetragono, “fortezza di se stesso”. Così acquisiamo tutta la potenza che ci è stata data al momento della nascita, e che ci è stata poi “scippata” dal sistema».

Il valzer dei canti stellati, che danzano a coppie

Così parla (e scrive) Maria Castronovo. Nel 2012 ha iniziato a manifestare le sue scoperte nel volume “Stelle segrete e quiete”. Tre anni dopo, è uscito “Dante e la stella di Barga”. E nel 2021 la summa: “Il valzer dei canti stellati”. Titoli liberamente scaricabili, gratis, dal sito dell'autrice. Che in questo imita l'alchimista Dante alle prese con l'Opus Magnus, la grande opera che non si può cedere in cambio di denaro.

«Non è stupendo, il gioco dell'ottovolante? In realtà mi sono resa conto che era molto più di un gioco, la geometria sacra che regge la Divina Commedia». Abbiamo sempre sbagliato, nel leggere il poema? «Certo, un poema non è un'autostrada. Dante ci ha regalato una scorciatoia meravigliosa: i canti vanno letti a coppie. Tutto si specchia: se leggi l'1, devi leggere per forza il 51. Se passi al 2, devi proseguire col 52. E così via». Morale: «Con 50 conversazioni accoppiate in quel modo, hai in mano tutto il poema».

Questione di musica: «Questi canti si parlano, danzano insieme. Non a caso, il mio terzo volume è intitolato “Il valzer dei canti stellati”. Ed è proprio così, ballano il valzer: anche il tempo di Dante è terzinato». I canti, insiste la studiosa, sono diametralmente opposti: fino all'esplosione del “diametro verticale”, quello che collega i canti 50 e 100. «Nel 50 c'è solo tenebra, nel 100 solo luce. Se non leggi il canto delle tenebre (il 16 del Purgatorio) non capisci il 33esimo del Paradiso». Per Dante, «questi canti costituiscono il “dolor oppositorum”, il dolore degli opposti: il nostro amore, la nostra passione sfrenata per il frammentarsi, per il pensiero separato, per l'Io diviso e frantumato, abbandonato, solo nel cosmo e pellegrino».

Riconciliare gli opposti: ben prima di Freud e Jung

Il Sommo li mette in opposizione: «Perché i due opposti possano conciliarsi ed essere superati, annullandone l'effetto omicidiario». Seriamente: «È come se Dante avesse già discusso con Jung, Hillman e Freud. Non c'è nulla di sbagliato, nel suo impianto psicanalitico dell'uomo: ci racconta così come siamo. Cioè, individui con licenza di sbagliare, almeno da giovani: perché, solo provando di tutto, si può poi scegliere di essere liberi, e non calpestati dal piede del padrone».

Poi, alla fine, c'è sempre la salvezza: per ciascuno. «Anche Francesca sarà salva, anche Farinata. Quella a cui Dante allude è infatti l'eresia di apocatastasi». Inferno, canto 9: “O voi ch'avete li 'ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani”. «Apocatastasi: ogni cosa si salverà. Perché tutto è divino, nell'universo. Beatrice arriverà a dire che in ogni singolo atomo c'è lo spirito di Dio. Nella mente di Dio, l'umanità è salva. Sempre. Purché si arrenda al progetto d'amore».

Sintetizza Maria Castronovo: «Questo universo, che è già innamorato di se stesso, noi ci rifiutiamo di guardarlo. Ci facciamo vincere dall'odio, dalla divisione, dall'efferatezza, dalla sopraffazione, dalla violenza. Ma ci muoviamo comunque dentro un universo che è così innamorato di se stesso che, prima o poi, finalmente vincerà». La vita iniziatica di Dante è di una potenza infinita, sottolinea la studiosa. E Dante è anche il primo autore a rivolgersi al lettore dandogli del tu. In altre parole, sta dalla nostra parte. «Lo rivela in una lettera a Cangrande della Scala: ho scritto tutto questo, dice, per aiutare gli uomini a superare il loro dolore, buttarselo dietro le spalle e vivere felici: non dopo la morte, ma qui sulla terra».

Quando la teologia diventa astrofisica

Tutto cambia, nella Divina Commedia riletta da Maria Castronovo. «In bocca a Beatrice, la teologia diventa pura astrofisica. Nel canto della creazione si parla di Big Bang. “Tre saette scoccate da un arco tricordo”: è il gesto creativo di Pitagora (un, due, tre: pensare, agire, finire). Infatti è il pensiero a generare l'azione. Notare la bellezza: “Tre saette scoccate da un arco tricordo, e fu subito tutto”. Ovvero: l'intera evoluzione successiva era già progettata in partenza, prima ancora che la Triade Creante emanasse la materia».

Quanto ai quattro canti sigillati (intelligenza, anima, spirito e corpo), perché si trovano all'interno della stella piccola? «Perché la stella piccola è quando la materia ancora non c'era. E tutto stava dentro la Mens Dei. Noi però c'eravamo già: prima che la materia fosse inventata. La stella piccola è priva di tempo, è la stella dell'eterno essere. Mentre la stella grande è la stella dell'eterno divenire. Sta a noi cominciare a credere di essere quello che siamo: un mistero che cammina su due gambe, e che fa parte di una coscienza cosmica intelligente. Ne siamo l'avventura. E non abbiamo il dovere di essere calpestati».

Un testamento spirituale concepito per i posteri, dedicato a noi

Quello che più impressiona, in Dante? Il fatto che la Commedia l'abbia scritta per i posteri, con la consapevolezza del veggente. «L'Alighieri è un grande pedagogista: ha voluto regalarci la felicità. E ha saputo leggere nel futuro, perché l'aveva già visto in embrione. Ai suoi tempi erano nati i primi speculatori finanziari, le carte di credito, l'usura. L'Inquisizione, la lupa famelica. L'avidità, la sopraffazione. La guerra. E allora ci avverte: dobbiamo riscoprire il mondo dell'invisibile, perché può riempire di gioia ogni nostro atomo».

Emerge il profilo di un intellettuale fortemente laico. «I suoi pensieri sono legati alla scienza: e la sapienza arcana parte da Ermete Trismegisto, che Brunetto Latini aveva portato a Firenze da Granada». Il messaggio fondamentale: «Abbiamo dentro di noi un grande potere: la capacità di cambiare le cose, di non accettare lo status quo, di metterci sulla strada del mutamento».

Dio e l'origine della materia: Dante anticipa Galileo

E Dio? «Ecco: checché se ne dica, Dante non lo vede affatto. Non lo vedono nemmeno i beati. L'Aquila si presenta di profilo, perché la pietà del volto divino non può essere vista: il mistero non può essere indagato». Basta e avanza l'indagine sul visibile. «Infatti: gli scienziati stanno disperatamente cercando tra i misteri della creazione della materia. Ecco i paletti, che ci ha posto Dante: accontentatevi dell'esplosione materica, ci dice. Studiate il Big Bang a 800.000 gradi di temperatura, che per noi è doloroso. Mentre Dio crea tutto di colpo, noi siamo costretti - dal tempo - ad avere un prima, un durante e un dopo. La fatica di dover fare progetti, che richiedono pazienza».

La Commedia ricalca una cosmogonia tipicamente pitagorica: l'ipersfera che contiene l'ipercubo non è visibile, non avendo fine. «Siamo però consapevoli di essere all'interno di questo mondo sconosciuto, fatto di centinaia di miliardi di galassie: e Dante sapeva di appartenere a una di queste, la Via Lattea. Quello a Dante non viene fatto dire - ma lui lo deduce benissimo dalla geometria - è che tutto, ma proprio tutto, non può far altro che orbitare attorno al punto d'origine. E questo supera Galilei di cinquanta milioni di anni luce».

Ulteriore lezione iniziatica: integrare maschile e femminile

Altro aspetto iniziatico: l'altra metà del cielo. «Tutto il poema è al femminile, cioè retto dalla “solidal catena” del “complotto d'amore”. Da grande astrologo, Dante ci dice: dovete integrare maschile e femminile, che sono i due grandi opposti che hanno governato il neolitico bellico». E a che punto siamo? Messi maluccio, a quanto pare. Crisi, guerre, sofferenze. Vera e propria barbarie. «Da trecento anni ci siamo ancorati alla stagnazione, convinti che non si possa cambiare niente. Assurdo: tutto si muove, nell'universo; solo gli uomini dovrebbero restare fermi?».

Ma niente paura: è normale che l'evoluzione viva pause, «nonostante la visione lineare proposta dagli illuministi e del neo-positivismo atrofizzato, satanico, travestito da liberalismo». Secondo la studiosa, negli ultimi due secoli «questo neo-positivismo osceno ci ha rovinati, con la sua fiducia salvifica nella scienza. È possibile quindi l'imbarbarimento della coscienza. Ma poi, comunque, arriva anche il risveglio».

L'Italia? Ha smesso di sapere cos'è davvero

Domanda: perché l'Italia ha sfornato tanto genio, prima di cadere così in basso? «Perché allora sapevamo benissimo quello che eravamo: il centro del mondo. Lo siamo stati per secoli, dall'Impero augusteo fino alle grandi signorie rinascimentali. Tutti venivano qui in Italia. Volevi imparare il latino? A Roma. Il francese? In Piemonte. Il greco? In Puglia. E se volevi imparare tutte queste lingue insieme, con più anche l'arabo, nel '400 ti dicevano: allora vai a Palermo. Come si fa a non creare un patrimonio immane, se si è il centro di tre continenti?».

Il guaio? «Di questo patrimonio, oggi non sappiamo più nulla. Il latino sparisce dalle scuole, così come lo stesso Dante. I giovani regrediscono: non sanno più leggere. In compenso abbiamo il Grande Fratello, abbiamo Mentana. Eppure, nelle nostre biblioteche ci sono gli autori che ci hanno insegnato a vivere. Volete imparare a parlare d'amore? Leggete Catullo, ragazzi. Non perdete più tempo con i cantanti di Sanremo».

(Maria Castronovo su YouTube con Tom Bosco:

https://www.youtube.com/watch?v=hAH0m1StY60

Info: https://www.mariacastronovo.it/).   

  

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