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Internazionali

AMICI, NEMICI E CONCORRENTI TROVANO UN ACCORDO NEL CUCASO

AMICI, NEMICI E CONCORRENTI TROVANO UN ACCORDO NEL CUCASO

di Paolo Raffone

Nella martoriata Ucraina per ora si continua una guerra patriottica che nella sua degenerata materialità di morte e distruzione è tristemente fittizia. E’ fittizia perché per Kiev e Leopoli è di liberazione dalla russificazione e dai russi, ma è fittizia perché per Mosca si tratta di riunificazione con i territori ancestrali dei Rus. E’ fittizia perché per gli Stati Uniti e i loro satelliti europei si tratta di difendere la libertà e la democrazia, ma è fittizia perché per Mosca si tratta di questione esistenziale. Mentre all’orrore reale di questa guerra voluta dai regimi che la conducono non si vuole dare tregua - accampando teoriche narrazioni di irrinunciabili verità – nel Caucaso tutto cambia.

Nel Caucaso tutto cambia con la partecipazione parallela di tutti quegli attori che in Ucraina parlarsi non vogliono. Ci sono proprio tutti gli attori: Stati Uniti, Russia, Cina, Unione europea, Iran e Turchia che, seguendo ognuno i propri interessi, hanno reso possibile l’intesa che coinvolge la Georgia, l’Armenia e l’Azerbaigian. Una vera e propria rivoluzione geopolitica che cambia tutti gli equilibri della regione, con buona pace delle linee rosse e delle irrinunciabili sciocchezze che si sono sentite (e viste) dopo il 1991.

Il primo tassello è la NATO-UE-fatica che dal 2012 è emersa in Georgia dopo l’abbraccio atlantico del 2008, che si materializzò con la guerra dei cinque giorni alla Russia e la perdita del controllo su due territori. Da quando è emersa come nazione indipendente nel 1991, la Georgia ha oscillato tra periodi di rapide riforme, guerra civile e stagnazione strisciante, ma dopo il 2008 ha espresso una forte aspirazione di aderire alla NATO e all'Unione europea. Nel 2012, le elezioni furono vinte dal partito “Sogno georgiano” fondato dal miliardario Bidzina Ivanishvili che mirava a portare normalità e stabilità. Il miliardario che aveva fatto fortuna nella Russia sovietica al governo durò solo un anno, poi è rimasto nell’ombra (smaterializzato) pur conservando una forte influenza sulla politica georgiana fino all’attuale primo ministro, Irakli Garibashvili, che il 16 maggio scorso ha decretato la ripresa dei voli diretti con Mosca. La Georgia è il primo paese post-sovietico che dopo l’inizio della guerra in Ucraina riallaccia relazioni cordiali con Mosca. Il primo ministro ha detto che la decisione “tiene a mente innanzi tutto l’interesse della popolazione georgiana”. In Georgia c’è una popolazione di 3.7 milioni con una disoccupazione del 17.3%, mentre la ripresa delle relazioni con Mosca genererà 400 milioni di dollari all’anno e non si può dimenticare che i russi trasferitisi dopo l’inizio della guerra in Ucraina hanno portato nelle banche georgiane oltre 2.8 miliardi di dollari. Victor Kipiani, presidente del think tank Geocase di Tbilisi, ha detto che il governo georgiano sta tentando di eseguire un "atto di equilibrio" (balancing act) cercando di mantenere il suo orientamento generale filo-occidentale sfruttando anche i benefici economici di essere vicino alla Russia[1]. Ovviamente a Bruxelles e Washington regna un incredulo scetticismo per una scelta che è giudicata “pericolosa” e si agitano nuovamente gli attivisti della rivoluzione colorata. Ma il problema della Georgia è che, grazie alla sua geografia, aveva potuto beneficiare dei lucrosi “diritti di passaggio” degli oleodotti e gasdotti da Baku (Azerbaigian) a Ceyhan (Turchia) oltre al passaggio di merci su gomma e rotaia. Situazione che, come vedremo, nella rivoluzione geopolitica in corso nessuno è più in grado di garantirle[2].

In contemporanea con gli eventi georgiani, il 14 maggio il presidente del Consiglio europeo[3], Charles Michel, riceveva il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il primo ministro dell’Armenia Nikol Pashinyan che hanno confermato l’accordo raggiunto il 5 maggio a Washington[4] per porre fine alla guerra nel Nagorno-Karabach e procedere con il riconoscimento reciproco delle frontiere per cui la contestata regione armena è parte integrante dell’Azerbaigian. Il 25 maggio i due rappresentanti di Armenia e Azerbaigian si sono recati a Mosca dove con Putin hanno riconfermato la loro volontà di “riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale” inclusa la “libertà di circolazione e movimento di persone e prodotti senza alcun ostacolo, controllo o dazio”. L’armeno Pashinyan ha anche dichiarato che il suo paese sta riconsiderando l’adesione all’organizzazione di difesa e sicurezza guidata da Mosca CSTO (Collective Security Treaty Organization) che, come aveva già espresso durante la visita in Armenia di Nancy Pelosi nel settembre 2022, ha fallito nel difendere gli interessi armeni in Azerbaigian[5]. Stati Uniti, Unione europea e Russia, ciascuno per se, dichiarano di essere stati l’artefice principale dell’accordo. Ma a ben vedere, dietro le quinte ci sono anche altri attori. La Cina che ha enormi interessi economici (di cui diremo a breve). L’Iran dove la Guida suprema Khamenei (della minoranza azera) vede ridurre un elemento di tensione sul suo confine e semplificare i movimenti commerciali verso l’Europa. La Turchia che è impegnata nel secondo turno delle elezioni presidenziali e parlamentari (28 maggio) dove l’attuale presidente Erdogan, ricevuto il sostegno del terzo candidato Sinan Oğan (5% dei voti provenienti proprio dal confine con l’Armenia)[6], vede realizzarsi il suo panturchismo oltre al proprio rafforzamento di hub commerciale ed energetico.

Nel Caucaso tutto cambia. Finora, a causa delle ostilità tra Armenia e Azerbaigian, l’unica rotta commerciale (gomma, rotaia e soprattutto gasdotti e oleodotti) dal porto azero di Baku alla Turchia doveva passare, con un più lungo e costoso percorso, via Tiblisi in Georgia. Adesso, Baku diventa l’incrocio più importante del Caucaso. Si incontrano i corridoi Sud-Nord (verso Russia e Turchia/UE) e quelli Est-Ovest (verso la Cina) con quello, già in parte costruito, verso la Turchia attraverso il “passaggio” armeno nelle montagne Zangezur (situate in Armenia, tra Azerbaigian e Turchia, sul confine iraniano e curdo iracheno).

Turchia e Iran sono anche interessati ad aprire comunicazioni per quanto riguarda la mappa geopolitica recentemente ridisegnata del Caucaso meridionale, data la risoluzione del problema del Nagorno-Karabakh. Ciò è in linea con il formato del partenariato geopolitico "3 + 3", che copre i tre paesi del Caucaso meridionale di Armenia, Azerbaigian e Georgia e i loro tre vicini, Turchia, Russia e Iran.

Il corridoio Zangezur tra l'Azerbaigian e Nakhchivan offre un'alternativa meno costosa ad altri progetti nella regione, in quanto offre un percorso breve. Ad esempio, per molti anni, né le istituzioni finanziarie internazionali né i governi stranieri, né il governo armeno, sono stati in grado di finanziare una nuova ferrovia tra Iran e Armenia, che dovrebbe costare 3,5 miliardi di dollari.

La Belt and Road Initiative (BRI), concentrandosi sulla riduzione della dipendenza della Cina dai punti di strozzatura controllati dagli Stati Uniti, ridisegna la mappa dei trasporti eurasiatici, poiché, tra le altre cose, rinvigorisce la Via della Seta attraverso il Caucaso meridionale. Poiché i collegamenti di trasporto terrestre sono la porta per le regioni interne della Cina ai mercati globali, questa è una valida alternativa alle rotte marittime esistenti per la Cina, il cui trasporto marittimo è limitato dalla cosiddetta "Prima catena di isole", dalla penisola della Kamchatka alla penisola malese.

Pertanto, la capacità logistica di trasporto dell'Azerbaigian, insieme a quella degli altri paesi partner sulla rotta transcontinentale, è disponibile per trasportare merci a valore aggiunto relativamente elevato che sono le principali esportazioni dell'UE verso l'Asia orientale.

L'Azerbaigian sta anche costruendo il proprio potenziale di trasporto poiché il fatturato del commercio al porto di Baku nel Mar Caspio, il primo "porto verde" tra i 26 porti in Europa a ricevere tale status, solo nel 2020 è aumentato del 20%.

Poiché sono stati raggiunti i limiti di gestione e capacità nella stazione transfrontaliera in Polonia / Bielorussia, attraverso la quale transita il 95% del totale delle merci container "EU-China Express", le rotte terrestri alternative attraverso l'Eurasia, incluso il Middle Corridor caucasico, hanno acquisito importanza. Pertanto, il rimodellamento della geoeconomia in Eurasia e nel Caucaso meridionale si completano a vicenda, consentendo così all'Azerbaigian di svolgere il suo ruolo nella connettività eurasiatica.

La citazione dell'economista premio Nobel Paul Krugman, "Il Canada è più vicino agli Stati Uniti di quanto non lo sia a se stesso", può essere applicata al caso dell'Armenia, perché "l'Armenia è più vicina all'Azerbaigian e alla Turchia di quanto non lo sia a se stessa". In altre parole, le principali parti popolate dell'Armenia (come la sua capitale Yerevan) sono tutte più vicine alla Turchia o all'Azerbaigian di quanto non lo siano l'una all'altra, il che influenzerà il futuro corso dello sviluppo economico dell'Armenia. Sfruttando le nuove opportunità, una volta aperte le comunicazioni all'interno della regione, sarebbe possibile raggiungere sia il Golfo Persico che la Russia attraverso l'Azerbaigian.

Lee Kuan Yew, il padrino del "miracolo economico" di Singapore, dà un buon consiglio: "Non combattere con i vicini, commercia con loro", che è vero per il Caucaso meridionale. Le stime basate sul modello gravitazionale dimostrano il vantaggio del commercio bilaterale per l'Azerbaigian e l'Armenia.

Come si intuisce, tutti gli attori, anche quelli come Iran e Turchia che hanno avuto relazioni reciprocamente sospettose, oppure Russia e Stati Uniti che sono dichiaratamente nemici, oppure Unione europea e Cina che si considerano rivali sistemici, sembrano aver trovato una convergenza di accordi paralleli nel Caucaso.

Ci auguriamo che anche per la martoriata Ucraina prevalga il buon senso. Il Nagorno-Karabach sembrava un problema insolubile destinato a restare “sospeso” tra guerra e pace per sempre. Così non è stato perché tutti gli attori hanno soddisfatto i loro interessi.

 

[1] https://www.nytimes.com/2023/05/19/world/europe/georgia-direct-flights-russia.html

[2] https://globalvoices.org/2023/05/24/protests-break-out-in-georgia-as-flight-routes-resume-with-russia/

[3] https://www.politico.eu/article/charles-michel-armenia-azerbaijan-negotiation/

[4] https://www.azatutyun.am/a/32397140.html

[5] https://www.rt.com/russia/576915-armenia-azerbaijan-karabakh-peace/

[6] https://www.politico.eu/article/recep-tayyip-erdogan-sinan-ogan-wins-support-from-turkey-election-kingmaker/

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